Home Page

Contributo della parrocchia di Rallio

alla cultura cattolica dell’800

 

Nello Stato d’anime della parrocchia di Rallio del 1794 figura il trasferimento da Vaio di Centenaro (Ferriere) ad Acquesio-sotto, dove aveva possedimenti terrieri, della famiglia di Agostino Sordi. La famiglia risultava composta oltre che dalla moglie Taschieri Giovanna di Carmiano (Ponte dell’Olio) e dai tre figli nati a Centenaro:  Domenico di 4 anni, Giuseppe di 3 anni e Serafino di 1 anno, anche dalle zie: Sordi Maddalena di 59 anni (vedova) e Sordi Cattarina di 62 anni (nubile); e dai fratelli: Sordi Giovanni Paolo di 32 anni e Sordi Marianna di 27 anni.

A Rallio nasceranno altri 5 figli: Pietro Luigi, Antonio, Giuseppa,  Giovanni e Benedetto.

Degno di rilievo è il fatto che ben 5 dei fratelli Sordi (Domenico, Giuseppe, Serafino, Antonio e Benedetto) si fecero religiosi nella Compagnia di Gesù. Padre Dezza nel libro “Alle Origini del Neotomismo” annota che questa fecondità di vocazioni è testimonianza dell’ottima educazione cristiana e religiosa che i coniugi Sordi seppero dare ai loro figli e della santità e serietà dell’ambiente in cui trascorsero la loro infanzia.

Dei fratelli Sordi fu Serafino il primo ad entrare in Seminario a 13 anni, nel 1806, Nel 1808 entrava in seminario a 18 anni anche il fratello Domenico. In uno scritto inedito Domenico afferma che il fratello Serafino era dotato di ottimo carattere, quieto, ubbidiente, di profonda pietà, poco dedito ai giochi, ma molto amante dello studio; dai genitori veniva portato come esempio agli altri fratelli “Quando noi altri suoi fratelli mancavamo a qualche dovere ci sentivamo tosto intonare all’orecchio dalla piissima nostra madre inspecie: perché non fate come Serafino che ubbidisce sempre e non ha mai dato alcun dispiacere”

Diventati sacerdoti, i 5 fratelli Sordi entrarono ben presto nella Compagnia di Gesù appena ricostituita (7 agosto 1814), dopo la soppressione avvenuta 41 anni prima ad opera del Papa Clemente XIV, al fine di preservare la pace e l’unità all’interno della Chiesa e di evitare tensioni con le corti cattoliche europee.

In quegli anni facevano il loro ingresso nella Compagnia anche molti altri piacentini, operando una scelta coraggiosa, quella di abbracciare un ordine ancora oggetto di tanta ostilità perché visto come contrario ai movimenti liberali e rivoluzionari del tempo: 4 della famiglia Gioia (la stessa di Malchiorre) 2 della famiglia Rocci, uno per ognuno dei seguenti casati: Bionda, Menighelli, De Albertis, Negrotti, Bergamaschi, Maiocchi, a questi vanno aggiunti Ferdinando Minini, famosissimo oratore (figlio dell’ortolano delle Orsoline, fatto bersaglio dal Gioberti, nel suo libro antigesuitico “Il Gesuita moderno”), e Paolo Riccadonna di Broni, (che allora faceva parte della diocesi di Piacenza), chiamato “Il redentore del Libano”, che percorse più volte, predicando, la Palestina, l’Hauran, il Kurdistan, la Persia, la Mesopotamia, l’Armenia, e l’Anatolia.

 Dei 5 fratelli Sordi, in particolare Serafino e Domenico furono parte attiva della cultura cattolica dell’800 diffondendo nella Compagnia di Gesù la Filosofia di S. Tommaso ripensata in funzione dei moderni problemi, in un contesto culturale caratterizzato dal razionalismo, dall’empirismo e dall’idealismo. Questo indirizzo filosofico era stato loro proposto dal canonico Buzzetti che lo aveva studiato ed elaborato anche sotto l’influsso dei gesuiti catalani, i fratelli Masdeu, approdati al Collegio S. Pietro di Piacenza dopo la cacciata dalla Spagna. Il ritorno alla filosofia di S. Tommaso, iniziato nel Seminario di Piacenza giungerà a piena maturazione dopo il 1850, attraverso contrasti e dibattiti dottrinali fino a diventare la filosofia proposta dalla Chiesa cattolica con l’enciclica Aeterni Patris, promulgata da Leone XIII nel 1879. Per diversi decenni la Chiesa piacentina si è fregiata del titolo di “Culla del Neotomismo”; la realtà storica, tuttavia, è più complessa e ramificata.

I primi neotomisti ritornarono alla filosofia di S. Tommaso, dopo aver studiato i vari sistemi della filosofia del tempo, di cui riconoscevano i meriti, ma che ritenevano riduttiva dell’uomo e del suo destino. P. Serafino Sordi, aveva una vasta conoscenza dei sistemi e degli autori della filosofia moderna, infatti, in una digressione del suo Trattato sull’origine dell’idee (manoscritto), ribattendo l’accusa che gli era stata mossa di fanatismo nel combattere ciò che non conosceva, così si esprime: “Quanto a me posso dire che le mie prime impressioni, le quali hanno, è verissimo, una forza incredibile a fissare l’uomo quasi irremovibilmente piuttosto in questa che in quella dottrina, furono per la filosofia del secolo: Sarti, Soave, Draghetti, Condillac, Wolfe, Storkenau, furono per tre anni e più le mie guide…..” (P. Sordi fa riferimento ai suoi studi filosofici al Collegio Alberoni che abbandonò, come il Buzzetti, per motivi di salute).


 

   P. Serafino Sordi S.J. 


Il gesuita P. Dezza nella sua opera “Alle origini del neotomismo, definisce P. Serafino Sordi: “ il più insigne dei discepoli del Buzzetti: in lui il maestro trasfuse tutto l’amore che nutriva per la dottrina dell’Angelico … consacrò tutta la sua vita a serbare viva e a far lampeggiare la fiaccola da lui ricevuta. Per il suo carattere modesto e riservato e per aver egli pubblicato alcune sue opere sotto il velo dell’anonimato e altre lasciate inedite, il suo nome è poco conosciuto, ma è doveroso dissipare l’ombra in cui è rimasto troppo a lungo nascosto”.

La fiaccola ricevuta dal Buzzetti venne alimentata e portata dai fratelli Sordi in numerosi collegi gesuitici d’Italia. Padre Serafino esercitò un grande influsso fra i contemporanei e soprattutto sugli uomini di studio con cui veniva in contatto. I lunghi anni di insegnamento in varie città d’Italia (Novara, Ferrara, Reggio Emilia, Modena, Forlì. Spoleto, Orvieto, Urbino, Piacenza, Roma e Verona) e la diffusione dei suoi corsi di filosofia, trascritti ed usati come testo, anche là dove egli non insegnò, l’autorità della sua persona per gli incarichi di fiducia che gli furono affidati, di Rettore (Piacenza, Modena) e di Provinciale a Roma, hanno reso particolarmente efficace la sua azione, come risulta specialmente dai nomi celebri di persone che, da lui avviate o animate allo studio di S. Tommaso, sono state i protagonisti del rinnovamento della cultura cattolica.

L’uomo più eminente su cui influì P. Serafino fu senz’altro il P. Luigi Taparelli D’Azeglio (fratello del più famoso Massimo) suo compagno di noviziato a Genova. P: Taparelli non aveva conosciuto negli anni della sua formazione filosofica il pensiero di S. Tommaso e attraverso i colloqui con il Sordi conobbe e stimò quella filosofia di cui prima aveva sentito parlare con disprezzo e incominciò a rivedere la sua formazione filosofica. Dopo questi incontri, le relazioni epistolari fra Taparelli D’Azeglio e Sordi continuarono frequenti ed ininterrotte (in esse il Taparelli si professa “memore e affezionato discepolo”) e i manoscritti di P. Sordi furono “il libro di testo del Taparelli”. Solo però nella filosofia il Sordi poteva essergli maestro. I due erano molto diversi sia per temperamento sia per formazione. Il disegno del Taparelli era di saper andare al di là delle polemiche e lavorare per una conciliazione tra cattolici e liberali moderati e arrivò a criticare il P. Sordi per una certa rigidezza nel modo di giudicare e di impugnare gli avversari. Alla fine del 1849 il Taparelli venne accusato all’interno dell’Ordine di essere liberale e scrivendo al P. Sordi diceva “se liberale è opposto ad oscurantista, ebbene lo sono”

Significativa è anche l’amicizia di P. Serafino con il gesuita Giuseppe Pecci, fratello del Papa Leone XIII. Nel discorso pronunciato dal cardinale M. Parocchi in occasione della morte di P. Giuseppe Pecci si dice che un incontro provvidenziale gli aveva aperto la via alla vera scienza: “accenno all’amicizia del P Serafino Sordi, suo confratello, tipo in quegli anni rarissimo di studio e di amore alle dottrine dell’Aquinate. Quell’incontro fuggevole durò agli effetti immortale”. questo incontro era avvenuto a Modena nel 1830 e da quel tempo il Pecci sempre si rivolse al Sordi per aiuto e consiglio. Attraverso questa amicizia P. Serafino poté esercitare il suo influsso anche sul cardinale Gioacchino Pecci che, divenuto poi Papa, propose con l’Enciclica Aeterni Patris a tutte le scuole cattoliche le dottrine di S. Tommaso d’Aquino: “esortiamo Voi tutti, Venerabili Fratelli, a rimettere in uso la sacra dottrina di San Tommaso e a propagarla il più largamente possibile ….”.

P. Serafino Sordi non cessò mai di lavorare per la filosofia di S. Tommaso, ma il suo impegno per l’affermazione del tomismo non fu privo di ostacoli: ne è prova quanto accaduto nel 1823 allorché P. Serafino aveva 30 anni e insegnava logica, metafisica ed etica a Reggio Emilia. Il giovane gesuita dovette distinguersi molto ed acquistare grande stima e fama, se il P. Generale della Compagnia Fortis, lo proponeva al P. Pavani, provinciale d’Italia, come professore di Logica nel Collegio Romano. Il Pavani, pur riconoscendo il valore del Sordi, scrive al p. Generale pregandolo di desistere dal suo proposito per motivi di opportunità “si leverebbe un gran rumore tra i professori del Collegio Romano …….tanta è la prevenzione contro il P.Sordi perché tomistico”.

Meritano un accenno anche le difficoltà che P. Serafino dovette affrontare  negli anni tormentati delle rivoluzioni liberali: la sua attività a Modena lo porta a vivere nel clima dei moti rivoluzionari del 1831 (culminati con la cattura di Ciro Menotti). Nel 1848, poi P. Serafino si trovava a Piacenza quale rettore del Collegio S. Pietro, quando questo venne preso d’assalto dai rivoluzionari: “Scoppiarono allora alte grida di – Abbasso i gesuiti. Morte ai gesuiti. Morte - e qui aggiungevano i nomi or dell’uno or dell’altro Padre del collegio”. Così si legge nel racconto di Padre Lombardini, testimone oculare degli avvenimenti, in quanto studente dell’Aloisianum (Istituto di formazione filosofica per giovani Gesuiti del Lombardo-Veneto), sorto nel 1839 presso il Collegio S. Pietro, anche per merito di P. Serafino.


Collegio

 

Collegio S. Pietro, oggi Biblioteca Passerini Landi


P. Serafino andrà a Roma nel 1852 in qualità di preposto della Provincia Romana. Fino al 17 settembre 1856 governò quell’importante Provincia con rara prudenza e soprattutto con un grande spirito di bontà; di questo periodo ci resta un detto “Governò la Provincia con le ginocchia”, testimonianza che manifesta la grande spiritualità e l’umiltà di P. Serafino.

Nel P. Sordi la figura dell’uomo di studio e del filosofo (particolarmente importanti sono alcune sue opere lasciate inedite, due trattati in latino, Ontologia e Theologia naturalis, pubblicate dal Dezza nel 1941 e nel 1945, e un “Manuale di logica classica”, pubblicato da D. Pesce nel 1967), del polemista (contro lo spiritualismo giobertiano e rosminiano), non oscura quella del religioso.

L’11 ottobre 1859, P. Serafino passò al collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica con l’ufficio di scrittore e di padre spirituale della comunità, quindi verso la fine del 1863 venne chiamato all’Aloisianum di Verona come Prefetto degli studi dei giovani religiosi che studiavano filosofia. P. Serafino visse qui fino alla sua morte avvenuta il 17 maggio 1865; subito dopo fu pubblicato in Verona il suo ultimo lavoro  il Sillabo di Pio IX esposto in forma di catechismo”.

A Padre Domenico Sordi, fratello di Serafino, si deve invece la diffusione della filosofia tomistica nel sud d’Italia (Napoli, Lecce, Maglie, Salerno, Sora, Arpino, Andria) essendo stato assegnato alla Provincia Napoletana dal 1822 al 1860. Al Collegio Massimo di Napoli, fu professore del Curci (il futuro fondatore di “La Civiltà Cattolica” nel 1850) che descrive il suo insegnante come “ d’indole ardente e di ingegno pronto, come aveva spedita la parola, fu quegli che più di tutti contribuì allo stabilimento di quella dottrina tra i gesuiti di Napoli.” . La diffusione della dottrina tomistica al Collegio Massimo assunse dei caratteri particolari sia per il modo in cui venne diffusa, quasi clandestinamente, sia per l’ostilità degli altri insegnanti.

Il Curci racconta che il P. Taparelli, allora Provinciale di Napoli, gli consegnò un manoscritto  segreto” composto dal P. Serafino Sordi, in cui erano esposti con efficacia le tesi principali del sistema Aristotelico-Tomista perché gli servissero da guida per la sua formazione filosofica e come mezzo per promuovere in altri tale dottrina. Il Curci riferisce anche che P. Domenico affrontò il problema della diffusione del tomismo con “zelo eccessivo e con poco riguardo verso coloro che la pensavano diversamente da lui, fra i quali vi erano dei religiosi ragguardevoli per virtù e dottrina.”, creando una specie di Accademia Tomistica che “per le circostanze in cui era sorta e si manteneva, aveva qualche cosa di contrabbando”.

Questi comportamenti del Taparelli e del Sordi generarono molte proteste e la richiesta di intervento del Padre Generale della Compagnia, che allontanò il Taparelli da Napoli e il Sordi dall’insegnamento. Il seme gettato, tuttavia, doveva dare frutti preziosi perché aveva formato un gruppo di giovani che tanto contribuirono al rinnovamento della cultura cattolica.

Per dimostrare l’efficacia con cui P. Domenico diffondeva la dottrina di S. Tommaso, menzioniamo che l’Abbè Besse nel suo libro “Deux centres du mouvement thomiste Rome et Lovanio”  fa risalire la conversione tardiva al tomismo del teologo filosofo napoletano Gaetano Sanseverino ad un incontro con P. Sordi (Domenico) presso la Biblioteca Reale di Napoli di cui il Sanseverino era bibliotecario. Il Sanseverino è un importante attore del movimento neotomistico napoletano, imprimerà un netto carattere tomistico al periodico quindicinale di cultura “Scienza e Fede” da lui fondato insieme a P. Liberatore nel 1841. Anche P. Matteo Liberatore, alunno di P. Domenico insieme al Curci, fu cultore della filosofia tomista, tra i primi redattori della rivista La Civiltà Cattolica, precursore dell’insegnamento sociale della Chiesa e uno degli estensori dell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, fondamento della moderna dottrina sociale cristiana.

Nel 1860 P. Domenico esula dal napoletano per una nuova dispersione dei Gesuiti e ritorna a Piacenza come operarius. Dal 1864 al 1877 è direttore spirituale del Pio Ritiro Cerati dove muore nel 1880  all’età di 90 anni.


Per un maggiore approfondimento dell'argomento vedi il libro pubblicato sul sito:    www.serafinosordi.altervista.org


Altri siti relativi a Rallio di Montechiaro:

rallio.altervista.org/

 

www.labottegadirallio.altervista.org/

 

 

Rallio di Montechiaro